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mercoledì 12 aprile 2017

Raffaele Rovinelli

Buongiorno sognatori e sognatrici!
 Oggi il nostro blog ha il piacere di presentarvi il giovane poeta Raffaele Rovinelli, autore di "Sciarade vol. 1 caduta", attraverso una breve intervista.

1. Ciao Raffaele, benvenuto nel nostro blog! Noi ci definiamo sognatrici e abbiamo denominato allo stesso modo i nostri followers . Ti definiresti un sognatore?

Si, anche parecchio direi. I sogni e le ambizioni sono due fili inestricabili molto importanti che ci inebriano nel trovare la speranza e il senso della nostra vita. Sono il primo passo verso la realizzazione delle nostre idee, ma se si sottovalutano è la fine. Un essere umano privo di sogni è “vuoto”. Secondo me, è meglio vivere di significati. E, allorquando proprio non si trovino vale la pena mettersi in gioco e crearseli. Per questo, in fondo, si scrivono i libri.

2. Parlando di sognatori, hai mai trattato la tematica del sogno all’interno di una tua opera? In che modo hai affrontato questa tematica?

SCIARADE è una silloge diretta, incisiva su alcuni temi, tuttavia, visti i molteplici sinonimi ricercati ed utilizzati e i simbolismi astrusi, è allusiva. A volte simbolista e in questi casi il significato è nascosto, dietro un’allegoria. Alcune allegorie sono costruite propedeuticamente per far sognare il lettore, altre per parlare di verità scomode e denunce sociali in maniera nascosta. Alcuni hanno giudicato le mie liriche con l’aggettivo “struggenti”. Altre persone mi hanno detto che le mie composizioni sono da “uomo di pena”, una definizione che hanno affibbiato sia a Giuseppe Ungaretti che a Eugenio Montale. Ciò riporterebbe le poesie verso il reale, il disagio, etc.

3. Prima di parlare del poeta, vorremo conoscerti! Chi è Raffaele nella vita di tutti i giorni?

Raffaele è un ragazzo di 28 anni che ha un carattere sensibile con un mucchio di conflitti interiori, per colpa dei quali, se non scrivesse o non ballasse breakdance, morirebbe dentro. Coltivando queste passioni mi sento una persona migliore, realizzata, indipendentemente da quello che pensano tutti gli altri. Parlando d’altro, ho una relazione seria da circa due anni con una ragazza di quasi 24 anni, Sara, molto disponibile, affettuosa e responsabile. Peculiarità che al giorno d’oggi si trovano di rado. Non per mettere le mani avanti, ma sicuramente me la sposo.

4. Quali sono le tre caratteristiche che ti contraddistinguono in ambito privato e lavorativo?

In ambito privato sono un continuo ossimoro vivente: penso di essere aperto, ma in realtà mi chiudo ermeticamente. In coppia sono passionale, a volte ironico, ma se non mi lasci i miei spazi espressivi nel corso della giornata divento il predatore della savana. In ambito lavorativo è da vedere, perché ho un colloquio tra pochi giorni.

5. Cosa ti ha spinto ha scrivere il tuo primo libro? La poesia non è un linguaggio semplice, perché hai scelto proprio questo genere?

Confesso che le spinte sono state molteplici, ma a scrivere poesie ho cominciato nel 2013, mentre a scrivere progetti di prosa (visto il gran numero ancora in work in progress, purtroppo) ho iniziato nel 2011, dopo un percorso alquanto particolare e tortuoso: tutto cominciò quella fatidica mattina in cui mio bisnonno morì, il 21 febbraio del 2009. Ricordo che, prima di andare in camera mortuaria, mi sedetti sul divano per fare colazione e accesi la TV: in quell’esatto momento veniva trasmesso il video musicale della proverbiale track “Decode”, composta dalla band Emo-rock “Paramore”. Una delle tracce principali della colonna sonora del film Twilight. Lì per lì, rimasi colpito dalle immagini legate al film e la canzone mi rimase in testa per tutta la giornata. Poi quando andai a casa della mia bisnonna i miei zii mi diedero una foto del marito lì per lì rimasi basito: ritraeva mio nonno immerso tra gli alberi fitti e la nebbiolina che si faceva strada tra i fili d’erba umidi, esattamente la stessa ambientazione del film di Twilight che avevo visto nel video musicale. Un caso? Non lo so, ricordo solo che quel giorno, ogni qualvolta che mi rientrava in testa quella canzone, piangevo a dirotto sapendo che lui mi mancava. Dopo il funerale cominciò il vero percorso: vidi Twilight durante l’estate dello stesso anno, poi lessi i libri della saga. Ed iniziai ad orientarmi, a frequentare blog, vedere video di eventi zeppi di Twilighters finché un giorno riuscii a parteciparvi nel dicembre del 2010. Si chiamava “Eclipse DVD Party”, organizzato in occasione dell’uscita del DVD. Lì conobbi un sacco di gente nuova. Ad alcuni provai a raccontare un possibile seguito che avevo in mente per la Saga di Twilight e mi consigliarono di scriverlo ed inviarlo a qualche blog come fan fiction. E, ritornando a casa, mi misi all’opera. Dopo alcuni giorni, riuscii a sviscerare l’opera per intero e a ricopiarla sul pc, ma non la inviai mai ad un blog. Probabilmente all’epoca mi vergognavo, adesso non ricordo con certezza. Comunque scritta la fanfiction, mi venne in mente qualcos’altro. Tuttavia stavolta non si trattava di una fanfiction, ma di una storia. Un romanzo tutto mio, Urban Fantasy young Adult. Ma, lì per lì, non seppi da dove cominciare. Finchè non arrivò il supereventone di Twilight che si svolse a Napoli all’inizio dell’estate del 2011. Nel corso di quell’evento le immagini dei personaggi si facevano sempre più chiare, così al ritorno decisi di buttare giù qualcosa. E fu proprio lì cominciai a strutturarmi un tecnicismo di stile tutto mio: scrivere il nome del capitolo con una parola sola che identificasse il capitolo interamente. Ma all’interno del capitolo stesso la parola non dovevo scriverla mai. Nel 2013 applicai lo stesso stile alle poesie e lo sviluppai meglio.

6. Il nostro blog si occupa di recensire ogni genere letterario: oltre alla poesia ti interessi anche ad altri generi? Se sì, quali? Che autori preferisci?

Per quanto riguarda la scrittura l’Urban Fantasy, il noir, la fantascienza, i gialli irrisolvibili, storie di ragazzi che praticano arti freestyle o sport estremi e ultimamente mi sto interessando anche a scrivere fiabe, per la gioia dei più piccini. Per quanto riguarda la lettura, seguo molto la prosa contemporanea, ma anche i classici non li tralascio (Visto che i miei scaffali ne sono pieni zeppi, specialmente quelli in versione Rizzoli 1950). Confesso che in questo periodo sto facendo letture multiple (quando trovo il tempo per farlo, ovviamente): ad esempio, sto leggendo una biografia su Hemingway davvero molto interessante che ho trovato in edicola a poco prezzo; contemporaneamente sto leggendo il romanzo fantasy “Risveglio” di J.R. Ward (a mio modesto parere molto diverso dai soliti romanzi per vampiri, usciti in questi ultimi anni). Appena l’ho finito credo che comincerò la saga di Fallen, visto che ho tutti i libri. Ovviamente ho negli scaffali anche la saga di Shadowhunters, anche se, d’altrocanto mi piacciono molto i libri/saggi sulla mafia e l’antimafia. Ad esempio “L’ultimo Padrino”, un capolavoro scritto da Mario Puzo. Cerco di spaziare il più possibile soprattutto per una questione di conoscenza culturale, che equivale a consapevolezza. Anche se, quando sei scrittore non si tratta di una semplice questione di lettura, ma di consultazione. Pertanto bisogna andare più a fondo, tagliare in due il midollo di ogni singolo lemma: Più consulti a dovere, più impari ad essere consapevole interiormente di ciò che ti sta intorno. Ma solo di ciò che ti sta intorno, perché i libri degli altri sono questo. Ciò che negli angoli più reconditi di te non lo sa nessuno, per cui sei tu che devi avere l’ardimento di portarlo fuori. Nessuno lo farà al posto tuo. Tuttavia, visto il periodo di crisi della creatività(e non solo di quella), è molto attiva la ruberia delle idee. Quindi meglio guardarsi bene le spall...ops! Volevo dire i propri file. Soprattutto quelli non ancora supportati dai diritti d’autore. Sempre se le leggi in Italia, a riguardo, funzioni a dovere, o siano una sòla come tutte le altre. O quasi tutte. Ma meglio non divagare, altrimenti divento “Raffaele il Terribile”.

7. Quando componi le tue opere, a chi ti ispiri? Hai un modello di riferimento anche nell’ambito della tua vita privata?

 Mio nonno paterno Giuseppe (come Ungaretti si chiama…Oh! Ma tu guarda!), prima di ammalarsi di Alzhaimer, era capo fondatore di una scuola di musica, organizzava eventi culturali per promuovere nuovi talenti, poi scriveva in un giornale della mia città, scriveva poesie, novelle, testi teatrali e lettere. Come carattere, da giovane, era molto simile a me, un po' con la testa tra le nuvole. Anche mio padre, in età adolescenziale, aveva iniziato a scrivere fiumi di poesie, lettere e novelle di sua iniziativa ed ingegno, ma si è laureato in economia e commercio, decidendo di lasciare tutto nel cassetto. A differenza di mio nonno che i testi teatrali è riuscito ad adattarli sul palco. Ed effettivamente, anch’io sto scrivendo alcuni adattamenti teatrali, oltre alle composizioni poetiche. Per questo non mi ritengo un figlio d’arte, ma un nipote d’arte.


8. La pubblicazione del tuo primo libro ti ha in qualche modo cambiato?

Sì, devo ammettere che sono esperienze attraverso le quali riesci a maturare, ogni qualvolta riesci a portarle a termine. Il guaio è che, come in tutte le cose, portarle a termine è un parto, tra incazzature e faccende che non finiranno mai di esserci in mezzo alle procedure di pagamento e della pubblicazione.

9. Raffaele, sta per uscire il tuo secondo libro. Ci vuoi parlare di come è nato e descrivere le tematiche principali?

 In genere non rivelo le cose prima del tempo. Colpa del furto delle idee già sopracitato, troppo agitato e sovreccitato in questi ultimi anni. Questo secondo libro non so bene come è nato, diciamo che è venuto da sé perché avevo altre cose da dire. E su questo si concentra: sulle cose da dire, evitando inutili silenzi.

10. Le tue opere si ispirano ad esperienze di vita personali o di terzi?

 Entrambe le cose. Mi servo anche di paesaggi, poetandoci sopra e così facendo dipingendo quadri con le parole. E questi “quadri” finalmente iniziano a piacere a qualcuno. La sensazione è a dir poco esaltante.

11. Per scrivere un libro è necessaria molta concentrazione. Segui dei rituali per mantenere libera la mente dalle distrazioni? In che ambiente componi?

Se mantengo la mente lontana dalle distrazioni non riuscirei a scrivere nulla. Se una persona vive tra le nuvole è giusto che faccia conoscere queste nuvole agli altri, al posto di fare l’egoista e tenersele tutte per sé. Generalmente scrivo in camera mia, ma ultimamente le idee mi vengono un po' dappertutto. Sono diaboliche: riescono a distrarmi persino durante le ore di scuola serale, mentre studio economia aziendale ed economia politica. Una cosa inaudita. Meno male che hanno inventato i Memo nel cellulare. Quelli ti salvano le idee, ma letteralmente. Sopratutto se premi il tasto “Salva” .

12. Perché hai scelto “caduta” come titolo del tuo secondo libro?

Perchè la caduta ti muove dalla posizione statica in cui sei. E dopo quella ci si rialza per continuare a camminare ed insistere. Sempre.

13. Cosa consiglieresti a coloro che vogliono pubblicare una loro opera? Quale consiglio rivolgi ai giovani poeti?

 Di farla fuoriuscire in maniera naturale, genuina. Poi riguardarla, correggerla e limarla dove dev’essere limata, farla leggere a qualcuno che se ne intende (ma di vostra fiducia) e di non rivolgervi MAI a case editrici a pagamento o no profit. Informatevi bene e non abbiate fretta, perché poi vi mangerete le mani appena vi troverete di fronte a scomode cifre da pagare. Lo puntualizzo per esperienza.

14. Tornando alla tua recente opera, quanto tempo hai impiegato nella sua stesura?

Una vita, tre anni suonati. Dal 2013 al 2016, più precisamente. Avevo le poesie sparse in taccuini disordinatamente dispersi tra gli scaffali della scrivania. La mia fidanzata mi ha aiutato a ricopiarle tutte e sistemare ciò che andava sistemato. E, come se non bastasse, mi ha trovato lei la casa editrice. Le donne...scrivendo cercherò di capirvi meglio, specialmente quando vi trovate di fronte ad un caso umano irrecuperabile come il sottoscritto.

15. Ti senti realizzato nella vita? Come ti vedi nel futuro?

No, affatto. Sono troppo ambizioso per sentirmi realizzato, ancora c’è veramente molto da fare. Ma ritengo che queste interviste diano una certa spinta in avanti positiva, specialmente per le prossime pubblicazioni. Intanto ho fatto la prima presentazione del libro ed è andata bene. Ora ho altri due eventi in programma, uno a Pesaro il 28 di Aprile presso il Palace Museum Hotel e l’altro a Senigallia dal 5 al 16 di Aprile, presso la Biblioteca Antonelliana Comunale. Pensando al “futuro-presente” le cose stanno così, poi per quel che riguarda il “futuro-futuro” un mio piccolo grande sogno sarebbe quello di fondare un orfanotrofio, un centro d’accoglienza, o case popolari per persone senza casa attraverso il denaro che ho ricavato grazie alle opere che avrò pubblicato. Mi piacerebbe fare qualche missione in Kenya o in giro per il mondo per capire cosa vuol dire davvero vivere in mezzo alla povertà. E aiutare, aiutare a più non posso.

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